L’elenco dei “generi suscettibili” è molto lungo: carta, corde, stoffe, penne, peli, ecc. L’uomo, naturalmente, e tutti gli animali, erano considerati suscettibili.
Un tavolo poteva essere lavato con l’aceto, un bue tenuto per qualche tempo nell’acqua corrente di un fiume, una pecora subire una completa tosatura seguita da un accurato lavaggio, una lettera essere “affumata”; così perdevano la carica di “contagio”.
Ma tutto questo non garantiva in tempo di pestilenze. Per gli uomini e gli animali la garanzia più sicura era un lungo periodo di osservazione, durante il quale non si fosse manifestato alcun segno di malattia. Questo periodo, in alcuni casi prolungato ben oltre i quaranta giorni, era definito “quarantena”. La parola restava invariata anche quando la durata della contumacia era molto ridotta (fino a una sola settimana, magari).
Riveste particolare interesse l’analisi dei criteri che, di volta in volta, determinavano la durata della quarantena, le modalità di applicarla e di sorvegliarla, i tentativi di eluderla. Bisogna tenere presente che la ricorrente mancanza di spazi per soddisfare le esigenze di una improvvisa massa di persone, animali e suppellettili da assoggettare alla quarantena, costringevano le autorità a far ricorso al “sequestro domiciliare”. Per tutta la durata del periodo stabilito i “sospetti” restavano chiusi in casa, riforniti attraverso le finestre e spesso sorvegliati da guardie armate: un gravoso costo per la comunità.